ALIMENTAZIONE E SALUTELE CALORIE... La calorimetria, in questa sede, si occupa solamente della misurazione delle
richieste energetiche dell'organismo e del valore calorico degli alimenti
considerati come fonte di energia. L'unità di misura standard dell'energia
termica è la «caloria» (cal) o piccola caloria, definita come la quantità di
calore richiesta per alzare la temperatura di 1 g di acqua di 1°C, da 15 a 16°C.
In nutrizione viene però comunemente usata la «chilocaloria» (Cal o kcal)
corrispondente a 1000 piccole calorie (una kcal innalza di 1°C 1000 g di acqua).
La quantità di energia termica che si libera dalla combustione di sostanze
alimentari organiche in presenza di ossigeno può essere misurata in una «bomba
calorimetrica». Tale strumento consiste in un vaso a pareti d'acciaio, a tenuta
d'aria, nel quale viene introdotta, su un supporto di platino, una quantità nota
di alimento secco; la bomba viene riempita di ossigeno a 25-30 atm. e immersa
nell'acqua di un opportuno recipiente termicamente isolato, che funge da
calorimetro; l'alimento è bruciato per mezzo di una scintilla elettrica e il
numero di calorie prodotte è dedotto dall'aumento di temperatura dell'acqua. +----------------------------------------------------------------+ ¦ Tabella 24 ¦ ¦ VALORE CALORICO DEI NUTRIMENTI ¦ +----------------------------------------------------------------¦ ¦ ¦ KCAL X G ¦ ¦ +------------------------------------------¦ ¦ ¦ NELLA BOMBA ¦ ¦ ¦ ¦ CALORIMETRICA ¦ NELL'ORGANISMO (*) ¦ +---------------------+---------------------+--------------------¦ ¦ Glucidi ¦ 4,1 ¦ 4 ¦ ¦ Lipidi ¦ 9,4 ¦ 9 ¦ ¦ Protidi ¦ 5,6 ¦ 4 ¦ ¦ Alcool ¦ 7,0 ¦ 7 ¦ +----------------------------------------------------------------+ (* Valori espressi in cifra arrotondata). L'energia nell'organismo è trasformata, attraverso differenti vie metaboliche, in «energia metabolizzabile», mentre una quota è perduta nelle urine e in altre secrezioni dell'organismo. Nei processi di conversione energetica una parte di energia è dissipata come calore, la restante rappresenta l'« energia netta» utilizzabile dall'organismo per la produzione di lavoro meccanico o di altre forme di energia. Il bisogno energetico/calorico è influenzato dall'età, dal sesso, dall'entità del lavoro svolto, dalle condizioni generali dell'individuo e dall'ambiente (molto caldo, molto freddo) nel quale vive ed opera. LE PROTEINELe proteine sono costituenti fondamentali degli organismi viventi in cui occupano una posizione primaria. Sono costituite fondamentalmente da quattro bio-elementi: C (carbonio), H (idrogeno), O (ossigeno), N (azoto), presenti come insiemi di «aminoacidi» che condizionano il valore biologico. Alcuni aminoacidi sono detti essenziali, perché l'organismo non può sintetizzarli: questo impone la necessità di un'alimentazione che li contenga tutti e in quantità sufficiente. Gli alimenti di origine animale ne sono ricchi, quelli vegetali molto meno. Il bisogno totale individuale di azoto proteico corrisponde alla somma di due componenti: basale e addizionale. La «basale» deve coprire le perdite obbligatorie di azoto e assicurare il necessario per la formazione di nuove strutture corporee; l'«addizionale» deve coprire le perdite subite per stress (fisici o psichici) e l'aumentato fabbisogno in particolari condizioni quali l'accrescimento, la gravidanza e l'allattamento. Si ritiene che il bisogno di azoto proteico globale sia soddisfatto da una dieta mista di proteine animali e vegetali, prevalenti le prime, del valore di 0,6-0,9 g di proteine per kg di peso corporeo ideale pro die; 1 g è sicuramente una copertura di sufficienza. Il rendimento nutritivo di una proteina dipende da fattori diversi: grado di digeribilità, composizione aminoacidica, vitamine e sali minerali, apporto calorico contemporaneo. Se le proteine animali prevalgono sulle vegetali, le quantità sopra accennate sono sufficienti per l'adulto. Il bambino, invece, ha necessità più elevate.ASSORBIMENTOLe proteine della dieta vengono demolite, attraverso i processi digestivi, sino ad aminoacidi che per via sanguigna sono trasportati al fegato ove una parte è trattenuta e il restante è immesso nella circolazione generale. Si ha così un «pool» di aminoacidi al quale partecipano non solo quelli provenienti dalle proteine della dieta, ma altresì quelli che derivano dalla demolizione delle proteine dei tessuti e che rappresentano circa i 2/3 del totale. Il differente valore nutritivo che presentano le varie proteine alimentari dipende dalla loro composizione in aminoacidi. Alcuni, non possono essere sintetizzati, pur essendo necessari per la formazione delle nuove proteine: perciò sono stati definiti «essenziali». Gli aminoacidi del «pool» sono quindi utilizzati per differenti destini, dei quali i fondamentali sono la sintesi di nuove proteine, di composti azotati non proteici e di aminoacidi non essenziali; mentre, dopo rimozione del gruppo aminico, possono venir destinati a scopi energetici.I GRASSILa nostra alimentazione prevede l'utilizzo di lipidi sia di origine animale (es. strutto, lardo, burro, grassi delle carni di animali sia terrestri che marini) che vegetale (es. olio d'oliva, di mais, di arachidi, ecc.). Dal punto di vista quantitativo l'apporto lipidico raccomandabile, ritenuto adatto per la popolazione italiana, è del 30% delle calorie totali della dieta nell'infanzia e adolescenza, e del 20-25% nell'età adulta. In effetti i consumi medi sono nettamente superiori. Sono di rilevante significato nutrizionale anche l'apporto alimentare di colesterolo e di fosfolipidi. I lipidi alimentari assolvono tre funzioni:- sono componenti fondamentali delle membrane cellulari in tutti i tessuti in quanto provvedono al fabbisogno di acidi grassi essenziali (AGE); - sono precursori di composti come ormoni, prostaglandine e servono come carrier per le vitamine liposolubili; - favoriscono la costituzione della riserva energetica (circa 90.000 kcal nel tessuto adiposo) in una persona obesa. Gli acidi grassi saturi che possono essere utili per la popolazione italiana non dovrebbero superare il 10%, mentre prevalente dovrebbe essere la quota di monoinsaturi e polinsaturi. Tra i polinsaturi due acidi grassi, chiamati l'uno linoleico e l'altro alfa-linolenico e i loro derivati metabolici, sono detti essenziali (AGE) perché l'organismo umano ne ha assoluto bisogno per sopravvivere, ma non li sa biosintetizzare. Ne consegue che è indispensabile assumerli con l'alimentazione. La raccomandazione limite minima in AGE è del 2%; quantità più elevate di AGE sono utili in determinati regimi di prevenzione e cura di dismetabolismi lipidici, dell'aterosclerosi, ecc. Per quanto riguarda il colesterolo, la quantità da assumere senza rischio, salvo i soggetti con gravi dismetabolismi, non dovrebbe superare i 300 mg al giorno. Nei bambini il limite è di 100 mg/1000 kcal assunte. È necessario porre attenzione alle assunzioni di colesterolo elevate, anche se un meccanismo biochimico provvede a diminuire la biosintesi quando l'assunzione è eccessiva. Ciò perché tale sistema di controllo spesso è scarsamente efficiente. Va raccomandato l'uso di alimenti soprattutto vegetali «poco raffinati», onde assicurare una significativa assunzione di fosfolipidi che sono necessari perché, tra l'altro, partecipano a fornire all'organismo colina, serina, inositolo. GLI ZUCCHERIGli zuccheri (detti pure glucidi o carboidrati) sono sostanze organiche diffuse specialmente nel regno vegetale, sia come materia di sostegno (cellulosa) sia come materiale di riserva (amido); ma sono presenti anche negli organismi animali (glucosioglicogeno), sia in forma libera che in particolari combinazioni.Possono essere suddivisi come segue: - monosaccaridi e derivati dei monosaccaridi; - oligosaccaridi (di-, trisaccaridi, ecc.); - polisaccaridi (polimeri a elevato peso molecolare). I glucidi occupano un posto preminente nella dieta dell'uomo e degli animali. I glucidi presenti nella dieta, derivano, per lo più, dai vegetali (cereali, legumi, frutta, ecc.); è invece trascurabile, se si escludono quelli del latte, l'apporto animale. Svolgono una duplice funzione: plastica ed energetica. Plastica, in quanto entrano nella costituzione di strutture essenziali per gli organismi viventi, energetica in quanto forniscono all'organismo energia immediata o quasi per le prestazioni funzionali. L'uomo ingerisce dal 50 al 60% della sua razione calorica sotto forma di glucidi. Non esistono glucidi essenziali, poiché l'organismo ha la capacità di sintetizzarli, ma esiste un bisogno minimo e quando se ne assume meno del 20% delle calorie totali si instaura una «acidosi» metabolica. L'« amido» è il glucide basilare nell'alimentazione dell'uomo. La «cellulosa», a differenza dell'amido, è praticamente indigeribile poiché è resistente a tutti gli enzimi del nostro sistema digestivo, ma ha importanza nel mantenimento del tono gastrico e intestinale, inoltre svolge funzione adsorbente specifica e di detossicazione. Il «saccarosio» (il comune «zucchero» che usiamo per la dolcificazione, sia bianco che bruno) e il miele, possono entrare solo in quantità moderate nella nostra alimentazione. Questi glucidi semplici hanno un assorbimento piuttosto veloce, tale da incrementare la glicemia in tempi molto brevi. In qualche caso (e soprattutto quando l'assunzione è eccessiva ed abituale) ne può conseguire una situazione metabolica che favorisce squilibri del metabolismo glucidico-lipidico e l'arteriosclerosi. Il processo digestivo prevede l'assorbimento (in parte differenziato) di diversi glucidi semplici; ma, per fini energetici, lo zucchero base è il glucosio. In condizioni normali sono necessari 180 g/die di glucosio, di qualunque sia l'origine metabolica, per soddisfare i bisogni di energia del cervello (140 g/die) e dei globuli rossi (40 g/die). LE FIBRESolo in tempi relativamente recenti la scienza dell'alimentazione si è occupata di fibre. Le fibre non vengono degradate dagli enzimi digestivi, non possono essere assorbite dall'organismo e non forniscono, quindi, alcun apporto calorico: per questo erano considerate inutili. Oggi si è invece capito che le fibre, paragonate un tempo a veri e propri scarti alimentari, esercitano funzioni meccaniche e metaboliche essenziali per l'equilibrio organico (Tabella 25) Il termine «fibra» designa sostanze con differenti caratteristiche fisiche e proprietà terapeutiche diverse. Le più diffuse in natura sono la cellulosa, le emicellulose, le pectine e le lignine, che costituiscono la maggior parte della struttura delle pareti cellulari dei vegetali. Vi sono poi altri composti non assorbibili in sede intestinale, che vengono per convenzione definiti «fibre» pur non essendolo in senso stretto: gomme, mucillagini, pectine, galattomannani e glucomannani. In base alle priorità fisico-chimiche tutte queste sostanze vengono divise in due gruppi: le fibre non idrosolubili e quelle idrosolubili (cfr. oltre, tab.26).FIBRE NON IDROSOLUBILI A tale gruppo appartengono la cellulosa (un polimero del glucosio), che rappresenta il 25% delle fibre vegetali, le emicellulose (polimeri di esosi e pentosi), che costituiscono il 50-70% delle fibre di cereali, legumi, ortaggi e frutta, e le lignine (composti complessi non-polisaccaridici), che rappresentano il 10% della fibra dei medesimi alimenti. Una volta ingerita, la fibra non idrosolubile è paragonabile ad uno «scopino naturale» che aiuta a trasportare ed eliminare dall'organismo i rifiuti della digestione. Proprio perché non viene attaccata dagli enzimi digestivi, la fibra non idrosolubile si mescola alla massa fecale, accrescendone il volume e conferendole una consistenza più morbida e pastosa. Risulta così stimolata la motilità enterica, il tempo di transito intestinale diminuisce notevolmente, determinando un effetto lassativo fisiologico blando ma costante. Durante il suo passaggio, la fibra non idrosolubile sequestra i sali biliari, una certa quantità di colesterolo e numerosi composti tossici, dei quali favorisce l'evacuazione. Le fibre appartenenti a questa categoria sono particolarmente indicate nei casi di stitichezza cronica e diverticolosi. FIBRE IDROSOLUBILI Ne fanno parte le pectine (polisaccaridi composti prevalentemente da
galattosio ed acido uronico, che costituiscono il 40% delle fibre contenute
nella frutta), i galattomannani, le gomme, le mucillagini ed il glucomannano
(tutti polisaccaridi contenuti soprattutto in alcune verdure, alghe e tuberi). A
contatto con l'acqua, hanno la capacità di assorbirla e di trasformarsi in una
massa gelatinosa, rigonfiandosi fino ad un volume pari a 200 volte (nel caso del
glucomannano) quello iniziale. Ingerite prima dei pasti, conferiscono
rapidamente senso di sazietà, dimostrandosi efficaci nelle cure dimagranti. In
virtù della viscosità che producono, le fibre idrosolubili riescono ad
intrappolare sostanze come zuccheri, grassi e colesterolo rallentandone
l'assorbimento: tale fatto si è dimostrato molto importante nella prevenzione e
nel trattamento dell'obesità, del diabete, dell'ipercolesterolemia e delle
malattie cardiovascolari. +----------------------------------------------------------------+ ¦ Tabella 25 ¦ ¦ AZIONI DELLA FIBRA DIETETICA ¦ +----------------------------------------------------------------¦ ¦ NEL CIBO Dà una maggiore solidità e consistenza, ¦ ¦ trattiene l'acqua. ¦ +----------------------------------------------------------------¦ ¦ IN BOCCA Favorisce la masticazione, stimola la ¦ ¦ secrezione salivare. ¦ +----------------------------------------------------------------¦ ¦ NELLO STOMACO Provoca distensione e diluizione, prolunga ¦ ¦ il tempo di svuotamento gastrico. Favori- ¦ ¦ sce il senso di sazietà. ¦ +----------------------------------------------------------------¦ ¦ NEL TENUE Provoca distensione e diluizione; ritarda ¦ ¦ l'assorbimento, risultando utile nella ¦ ¦ prevenzione e terapia dell'obesità, del ¦ ¦ diabete, delle dislipidemie. ¦ +----------------------------------------------------------------¦ ¦ NEL COLON Provoca distensione e diluizione, trat- ¦ ¦ tiene l'acqua, assorbe ioni, interviene ¦ ¦ sulla componente batterica. ¦ +----------------------------------------------------------------¦ ¦ NELLE FECI Le rende più soffici e ne aumenta il vo- ¦ ¦ lume, riducendo la stipsi. ¦ +----------------------------------------------------------------+ I MINERALII minerali costituiscono circa il 5% del peso corporeo. Essi svolgono una funzione di tipo plastico, partecipano cioè alla costituzione della struttura del corpo. Alcuni minerali, inoltre, agiscono in qualità di elettroliti (regolazione del volume e della distribuzione dell'acqua corporea) ed altri intervengono in funzioni biologiche specifiche, spesso partecipando all'attività di sistemi enzimatici di varia natura. Accanto ai minerali veri e propri (sodio, potassio, calcio, magnesio, fosforo, ferro, iodio, fluoro), si segnalano gli oligoelementi (rame, zinco, cobalto, selenio, cromo, molibdeno, manganese, cadmio, bromo, zolfo) il cui fabbisogno è minimo, ma non per questo meno indispensabile.Il CALCIO è presente nel latte e nei suoi derivati (formaggi, - yogurt, ecc.): partecipa alla formazione delle ossa ed a svariate attività biologiche (come ad esempio, la conduzione degli impulsi nervosi). Il deficit alimentare di calcio comporta arresto della crescita e rachitismo nei giovani e osteomalacia negli adulti. Anche il FOSFORO partecipa alla formazione delle ossa, ma è reperilbile in carne, pollame, pesce, cereali e legumi, oltre che nei prodotti caseari. IL FERRO, presente in tutti i prodotti carnei, nei cereali, nelle uova e nei vegetali a foglie verde scuro: è un componente fondamentale dell'emoglobina. La carenza di questo fattore genera anemia. Il MAGNESIO è un attivatore degli enzimi di sintesi proteica ed è reperibile in molti cibi ricchi di ferro. Il SODIO ed il POTASSIO sono importantissimi per mantenere un carretto bilancio idrico nell'organismo. Il primo è il costituente essenziale del sale da cucina ed è reperibile in quasi tutti gli alimenti, eccetto la frutta. I più validi fornitori di potassio, invece, sono la verdura, le patate, la carne, il latte, i cereali ed i legumi. La regolazione corretta delle assunzioni di sodio e di potassio diventa fondamentale in caso di sudorazione profusa (tipica di chi fa molto sport) o di diarrea, per intossicazioni alimentari o per altra causa. Il CLORO partecipa alla formazione del succo gastrico ed è presente negli alimenti ricchi di sodio. La carenza di ZINCO si associa ad arresto della crescita; mentre la carenza di IODIO (di cui sono ricchi il pesce, i frutti di mare, il latte ed i vegetali) determina un difetto nella sintesi di ormoni tiroidei e lo sviluppo di una vera e propria malattia detta ipotiroidismo, con comparsa frequente di gozzo. Tra gli altri minerali, si segnalano il RAME (che previene la comparsa di anemia), il FLUORO (responsabile della integrità della struttura dentaria), e il CROMO (coinvolto nel metabolismo del glucosio). Infine, lo ZOLFO, il MANGANESE, il MOLIBDENO ed il SELENIO intervengono in vari sistemi enzimatici, ed in particolare per l'ultimo minerale citato si segnala un possibile ruolo di rilievo nella prevenzione di alcuni tumori. +----------------------------------------------------------------+ ¦ Tabella 26 ¦ ¦ CARATTERISTICHE FISICO-CHIMICHE E PROPRIETÀ FISIOLOGICHE ¦ ¦ DELLE FIBRE ALIMENTARI ¦ +----------------------------------------------------------------¦ ¦ FIBRA INSOLUBILE ¦ FIBRA SOLUBILE ¦ +-------------------------------+--------------------------------¦ ¦ CELLULOSA ¦ GALATTOMANNANI ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ Polimero del glucosio ¦ ¦ Polisaccaridi di riserva, ¦ ¦ ¦ presenti specialmente nei ¦ ¦ ¦ 17-32% della fibra alimen- ¦ legumi (es. gomma di guar) ¦ ¦ tare contenuta in cereali, ¦ ¦ ¦ legumi, verdura e frutta ¦ ¦ Formazione di soluzioni ¦ ¦ ¦ viscose con aumento del ¦ ¦ ¦ Diminuzione del tempo di ¦ tempo di transito inte- ¦ ¦ transito intestinale ¦ stinale ¦ + - - - - - - - - - - - - - - - ¦ ¦ ¦ EMICELLULOSE ¦ ¦ Minor assorbimento di zuc- ¦ ¦ ¦ cheri, grassi e colesterolo ¦ ¦ ¦ Polimeri di vari esosi, + - - - - - - - - - - - - - - - -¦ ¦ pentosi e acidi uronici ¦ PECTINE ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ Contenute in cereali, le- ¦ ¦ Polimeri costituiti in mas- ¦ ¦ gumi, verdure e frutta ¦ sima parte da acido galat- ¦ ¦ ¦ turonico ¦ ¦ ¦ Diminuzione del tempo di ¦ ¦ ¦ transito intestinale ¦ ¦ Contenute in frutta e legumi ¦ + - - - - - - - - - - - - - - - ¦ ¦ ¦ LIGNINE ¦ ¦ Formazione di soluzioni vi- ¦ ¦ ¦ scose con aumento del tempo ¦ ¦ ¦ Polimeri di fenilpropano, ¦ di transito intestinale. ¦ ¦ inerti insolubili e resi- ¦ Capacità di legare sali bi- ¦ ¦ stenti alla digestione ¦ liari e ioni ¦ ¦ + - - - - - - - - - - - - - - - -¦ ¦ ¦ 3-10% della fibra alimen- ¦ GOMME, MUCILLAGINI E ¦ ¦ tare ¦ POLISACCARIDI DI ALGA ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ Diminuzione del tempo di ¦ ¦ Polisaccaridi (es. glucoman- ¦ ¦ transito intestinale. Ca- ¦ nano) ¦ ¦ pacità di legare sali bi- ¦ ¦ ¦ liari e ioni. ¦ ¦ Formazione di soluzioni vi- ¦ + ¦ scose con aumento del tempo ¦ ¦ ¦ di transito intestinale ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ Minor assorbimento di zuc- ¦ ¦ ¦ cheri, grassi e colesterolo ¦ +----------------------------------------------------------------+ LE VITAMINELe vitamine sono sostanze attive in minima quantità, ma indispensabili per molti processi biologici. Non potendo essere sintetizzate dall'organismo, le vitamine devono essere fornite con i cibi oppure, in casi particolari, attraverso integratori e altri prodotti dietetici. Il fabbisogno vitaminico varia considerevolmente in rapporto all'età, al tipo di dieta, ai processi metabolici, all'assorbimento, all'utilizzo ed all'escrezione. La carenza di vitamine determina quadri clinici più o meno gravi a seconda del tipo di vitamina mancante e dell'entità del deficit, manifestando, nei casi più gravi, sindromi patologiche specifiche (come lo scorbuto, il beri-beri o la pellagra). Le vitamine sono usualmente distinte in idrosolubili o liposolubili, in relazione alla loro capacità di solubilizzarsi nell'acqua o in sostanze grasse.VITAMINE IDROSOLUBILI La VITAMINA C (Acido Ascorbico) è presente in molti vegetali ed è fondamentale per il mantenimento di un buono stato osseo, dentario e vascolare; la sua carenza è responsabile della comparsa dello scorbuto, una grave malattia che comporta emorragie e alterazioni dermatologiche. La VITAMINA Bl (Tiamina), è presente soprattutto nei germi di grano, nel lievito di birra, nei cereali integrali e nei molluschi. Questa vitamina favorisce l'attività del sistema nervoso Infatti, la sua carenza può comportare una malattia detta Beri-Beri, che si contraddistingue anche per la comparsa di confusione mentale. Della VITAMINA B2 (Riboflavina) sono ricchi i cereali, la carne, il latte e i vegetali verdi. Questa vitamina, insieme alla vitamina B 1 ed alla VITAMINA PP (Niacina), partecipa alle reazioni metaboliche che liberano energia nell'organismo. La VITAMINA B6 partecipa al metabolismo delle proteine; mentre l'ACIDO FOLICO e la VITAMINA B12 cooperano alla sintesi del materiale genetico cellulare, detto DNA, e prevengono la comparsa di alcuni tipi di anemia. Le ultime due vitamine idrosolubili sono l'ACIDO PANTOTENICO e la BIOTINA, che intervengono nel regolare il metabolismo dei grassi e degli zuccheri. VITAMINE LIPOSOLUBILI La VITAMINA A è importantissima per il corretto mantenimento di tutte le mucose e per la prevenzione dei tumori. La VITAMINA D, essenziale per la normale crescita e sviluppo delle ossa, si accompagna a gravi quadri clinici (rachitismo nell'infanzia, ed osteomalacia fra gli adulti) quando è carente. È contenuta, soprattutto, nei latticini e nel rosso d'uovo. La VITAMINA E, contenuta in particolare negli oli vegetali, nei germi di grano e nel fegato, agisce come antiossidante. Infine, la VITAMINA K, presente nei vegetali a foglia verde e nel latte, è essenziale per la coagulazione del sangue. LA PSICOLOGIA E L'EDUCAZIONE ALIMENTARELa vita psicologica e di relazione dell'uomo è profondamente correlata all'alimentazione: non esiste attività, individuale o collettiva, lavorativa o di svago, che non tenga conto del cibo e delle bevande e delle relative modalità, tempi e luoghi di preparazione e di assunzione. Esiste anche un uso non alimentare del cibo, un uso più propriamente simbolico, per cui usare il cibo per dimagrire, ingrassare, migliorare il proprio aspetto, acquistare forza fisica e vigore diventa obiettivo a sè stante, per il quale si fa un uso scorretto dell'alimentazione. Essa diventa così «strumento» da regolare a piacere per sentirsi più o meno inseriti nella comunità in cui si vive o più o meno in «linea» con sé stessi.Il cibo è un «termometro» dell'umore e dello stato d'animo; alcuni cibi assumono significati speciali e vengono usati per placare il senso del disagio e di incertezza, o aumentare lo stato di euforia. A molti cibi viene comunemente attribuito un significato psicologico positivo: a) il latte: ha un effetto di sicurezza e di rassicurazione, rappresentando per l'uomo il primo alimento e attraverso l'allattamento materno il primo contatto con il mondo esterno; b) il cioccolato, i gelati e i dolciumi: vengono associati al bisogno di ricevere un premio, o una ricompensa e per compensare le insoddisfazioni; c) i cibi solitamente mangiati dalle persone adulte (come il vino, il caffè, la birra), vengono proibiti ai bambini, ma servono per sentirsi forti, capaci e coraggiosi. Il cibo viene ad assumere quindi significati che,
pur riflettendone a volte il valore nutrizionale, possono non essere a questo
vincolati, in quanto vengono ad acquisire una funzione «sociale» che ne
influenza la qualità: esiste un cibo non solo «buono» da mangiare, ma anche
«buono» per sentirsi bene con gli altri. Il campo abituale dei significati
psicologici dell'alimentazione comprende molteplici altri aspetti. Sappiamo che
la bocca è il primo strumento di conoscenza del mondo: ancora prima di concepire
il mondo come separato da sé, il bambino mantiene la sua unità con esso,
(attraverso il corpo materno) mediante l'allattamento. In seguito, portare le
cose alla bocca sarà il modo principale per conoscerle, per mettersi in
relazione con esse. È attraverso il nutrimento che da piccoli impariamo a
superare quelle sensazioni di mancanza che ancora non percepiamo come «fame»:
soddisfatti torniamo alle sensazioni di sazietà, equilibrio e completezza del
rapporto con noi stessi e con l'ambiente che ci circonda. Ciò che passa
attraverso la bocca è quindi piacere (sensazioni), completezza (sazietà) e
conoscenza. Le abitudini alimentari hanno sempre avuto nelle famiglie il loro
principale polo di trasmissione da individuo a individuo, di generazione in
generazione. Il cibo è un segnale del rapporto familiare: accettare o rifiutare
il cibo significa che si vuole comunicare qualcosa, che si richiede attenzione
al segnale. L'individuo è capace di rifiutare totalmente il cibo, o di assumerne
grande quantità. Questi eccessi sono spesso delle risposte emotive a situazioni
di stress e di ansia, che più propriamente i soggetti giovani manifestano per
comunicare i loro problemi. L'impossibilità di esprimere sul piano della parola
i sentimenti contradditori nei confronti degli altri, sia genitori che coetanei,
comporta un rifiuto o un attaccamento morboso al cibo. Mangiare poco, molto,
nulla, o solo determinati alimenti, in compagnia o da soli, è sintomo per alcuni
soggetti di una patologia alimentare caratteristica, che può avere conseguenze
assai gravi. Ne sono casi dimostrativi molte forme di obesità dell'infanzia e
dell'adolescenza, la bulimia (assunzione smodata e incontrollabile di cibo) e
inversamente tutti i casi di anoressia mentale (rifiuto del cibo). Peraltro, non
sempre si riscontra nelle famiglie una buona sensibilità verso la cultura
alimentare: i genitori risultano infatti piuttosto permissivi nei confronti
delle scelte alimentari dei figli. A livello ancora più macroscopico, la cultura
alimentare in un Paese, va di pari passo con la sua cultura storica. Popoli
storicamente giovani (USA) consumano cibi standardizzati. Anche in Italia si è
verificata una modificazione culturale, così la tradizione alimentare
mediterranea è pronta a lasciare il passo ad un modello a svelto» ed «incolore»,
fatto per chi ha poco tempo da dedicare alla conversazione. Del resto il termine
«dieta» deriva dal greco e significa «modo di vivere »: esso rappresenta
l'applicazione di un'analisi dell'alimentazione dell'uomo sano e malato, sia dal
punto di vista quantitativo che qualitativo. Una definizione più tecnologica ci
porta invece a considerare la dieta come puro esercizio matematico (anzi,
aritmetico) di somma di calorie derivanti dagli alimenti, che costituiscono il
fabbisogno quotidiano. Queste definizioni, collegate ad un malinteso comune,
dove regime alimentare (dieta) significa privazione, sacrificio) sofferenza,
(vuoi per la quantità e la qualità degli alimenti, vuoi più spesso per il modo
di cucinarli e presentarli), danno un quadro limitato ed in alcuni casi negativo
del concetto di dieta. Del resto, quella del prodotto dietetico è ormai una
realtà concreta: negli USA nel 1987, sono stati spesi 35 miliardi di dollari in
prodotti dietetici. In questo caso il consumatore riceve, insieme al prodotto
dietetico, un messaggio cifrato, una specie di contratto di bellezza,
efficienza, vigore, salute, vincolato a clausole piuttosto restrittive che
suonano così: «Il tuo comportamento deve adeguarsi alle esigenze di una società
nella quale impera l'ideale dell'estetica, e se non ti adegui sarai rifiutato da
questa stessa società, come «diverso». Quindi «forma fisica spartana» e «piacere
gustativo» diventano due opposti; il piacere alimentare diventa «illecito»
causando una sorta di «angoscia nutrizionale». L'immagine della magrezza e della
giovinezza ci impongono dei sacrifici: il digiuno forse oggi è più diffuso che
mai, l'attività fisica senza regimi, oltrepassa spesso l'indicazione medica:
nonostante questo, sta aumentando incredibilmente il numero dei soggetti in
sovrappeso od obesi. Dopo aver considerato alcune delle incongruenze e
contraddizioni alimentari, cerchiamo di analizzare quando e come diventare
consumatori «capaci» di alimentarsi correttamente. La proposta è sintetizzabile
in tre punti: Concludendo, è necessario sottolineare che l'alimentazione è base di un processo educativo in quanto consente la conoscenza di se stessi, degli altri e dell' ambiente. Per questo la nutrizione, oltre a garantire un regolare sviluppo del corpo facilita l'armonico sviluppo emotivo del carattere. Ognuno di noi può trovare nell'alimentazione, sin dall'infanzia, lo spazio in cui attuare un rapporto interpersonale preciso (di gratificazione o di repulsione, attivo o passivo). Da ciò deriva la distinzione di fondo tra un'alimentazione vista come crescita complessiva di tutti gli aspetti della persona (e perciò ricca di stimoli per il carattere, per l'intelligenza, per le capacità critiche) ed un'alimentazione vista soltanto come addestramento al mangiare. INTERAZIONI FRA AGRICOLTURA E NUTRIZIONEL'esistenza di una interdipendenza fra agricoltura e nutrizione è di tale comune acquisizione che non ha bisogno di essere messa in particolare evidenza. L'uomo, nonostante l'elevato stadio di civiltà raggiunto, dipende sempre, per il cibo che mangia, dall'agricoltura e lo sviluppo di ogni comunità umana è strettamente legato al complesso di alimenti di cui essa dispone. Il compito primario, affidato pertanto da sempre all'agricoltura, è quello di produrre derrate sufficienti a soddisfare i fabbisogni alimentari dell'uomo. Questa finalità può ritenersi raggiunta dai paesi più progrediti e industrializzati mentre vi sono ancora oltre due terzi degli abitanti del globo che non hanno cibo a sufficienza e si trovano a fronteggiare con frequenza gravi situazioni di crisi. La consapevolezza di tale situazione ha portato alla formazione di numerosi organismi in campo nazionale ed internazionale, il più importante e rappresentativo dei quali la F.A.O., Organizzazione dell'Alimentazione e dell'Agricoltura delle Nazioni Unite, si propone di fare ogni sforzo per sanare il divario progressivamente maggiore fra popolazione e disponibilità di derrate alimentari. Unitamente al problema quantitativo di assicurare cibo per tutti, esiste oggi per l'agricoltura l'esigenza di garantire una qualità della produzione che consenta il perseguimento di un regime alimentare sano e razionale nonchè di salvaguardare e, ove possibile, migliorare l'ambiente in cui opera. Purtroppo, nel mondo industrializzato, a causa di una concezione quantitativa della produzione agricola che porta allo sfruttamento massimo del terreno, l'agricoltura può contribuire ad inquinare i comparti naturali (aria, acqua e suolo), fino a produrre essa stessa derrate inquinate, incluse naturalmente quelle consumate dall'uomo. Molto spesso, l'accusa rivolta all'agricoltura di essere di volta in volta inquinata e inquinante è eccessiva e non tiene conto che le situazioni di degrado ecologico e di inquinamento vanno ben oltre le responsabilità attribuibili alle pratiche agricole. È tuttavia indubbio che certe forme di agricoltura fortemente intensiva sono poco rispettose dell'ambiente e inadeguate a fornire alimenti della qualità desiderata. Gli esempi più ricordati al riguardo sono l'uso indiscriminato di grandi quantità di concimi chimici, l'irrazionale utilizzazione di pesticidi e diserbanti, l'allevamento industriale. Altri effetti negativi sull'ambiente possono derivare dal drenaggio eccessivo, dall'irrigazione mal eseguita, dalla meccanizzazione, dalla monocoltura.Le conseguenze di tali fenomeni negativi possono così sintetizzarsi: - inquinamento dei prodotti agricoli per permanenza di residui di per sé tossici (principi attivi di antiparassitari) o potenzialmente tossici (nitriti); - immissione nell'atmosfera di molecole fisiologicamente attive (tossiche) con la distribuzione di antiparassitari e diserbanti; - inquinamento delle acque superficiali per rilasci dai terreni agrari di azoto, fosforo e fitomarci; inquinamento delle falde potabili da fitomarci e diserbanti; - inquinamento dei prodotti dell'allevamento per la permanenza di residui dovuti all'impiego non corretto di prodotti chimici in zootecnia (antibiotici, coccidiostatici e altre sostanze medicamentose) e/o da trattamenti agli animali (anabolizzanti); - inquinamento conseguente la massa delle deiezioni degli animali. A
questo punto molti si pongono la domanda se è mai possibile trovare
un'alternativa a questa situazione e avviarsi verso un'agricoltura ideale dove
le attività agricole assicurino il soddisfacimento quali-quantitativo del
fabbisogno alimentare e l'occupazione della popolazione rurale, convivendo
piacevolmente con l'ambiente. La risposta a questo quesito non è facile.
L'intervento magico, risolutore di tutti i mali attuali probabilmente non
esiste. Tuttavia un'insieme di strategie volte ad evitare gli eccessi, a
proibire i prodotti più tossici, a ricercare e applicare nuove tecnologie,
potrebbe portare, in tempi ragionevoli, a un consistente miglioramento della
situazione attuale. Ad esempio l'uso razionale di concimi, non solo eviterebbe i
noti danni all'ambiente, ma consentirebbe inoltre di correggere le carenze e gli
squilibri nutrizionali del suolo, favorendo una produzione quantitativamente e
qualitativamente migliore. Nello stesso senso utili risultati potrebbero essere
ottenuti dalla formulazione e diffusione di codici di buona pratica agricola che
comportano: Per il perseguimento di questi fini, un fattore importante potrebbe risultare l'incentivazione pubblica. Allo stesso tempo, un contributo notevole potrebbe provenire dalla ricerca genetica attraverso la costituzione di varietà migliori dal punto di vista nutrizionale e organolettico, più resistenti all'attacco degli insetti e delle crittogame, capaci di sfruttare al meglio la fertilità del suolo e l'acqua ivi presente. Ove le condizioni ambientali lo consentano e per produzioni limitate potrebbe risultare utile l'applicazione dell'agricoltura biologica basata su pratiche agricole a basso impiego energetico tendenti a proteggere la fertilità naturale del suolo, a potenziare le difese della pianta e a favorire l'uso di metodi di lotta biologica. In conclusione appare opportuno sottolineare che un'agricoltura più pulita non è sinonimo di più arretrata, al contrario si tratta di un'agricoltura moderna basata sulla conoscenza scientifica dei processi biologici, oculata e tecnicamente più preparata nell'uso dei mezzi chimici di produzione, partecipe della tutela dell'ambiente. CANCEROGENESI E ANTICANCEROGENESII tumori sono fra le malattie che più colpiscono le popolazioni delle nazioni tecnologicamente avanzate. Benchè in anni recenti siano stati compiuti molti progressi, a tutt'oggi è ancora valido l'aforisma secondo cui si conosce la etiologia dei tumori ma non la patogenesi, o per dirlo con parole meno difficili se ne conoscono le cause ma non il meccanismo di formazione.PATOLOGIA DEI TUMORIIn generale in medicina si parla di tumore benigno, quando, negli organismi biologici, cellule che possiedono la capacità di moltiplicarsi entro limiti ben precisi, perdono tali limiti e si dividono continuamente in progressione producendo appunto tumefazione con crescita locale espansiva. Si parla invece di tumore maligno, quando le cellule si moltiplicano con crescita infiltrante e invasiva anche a distanza, con aspetti abnormi cosiddetti anaplastici. Queste crescite invasive compromettono lo stato generale di salute portando a morte l'organismo. L'anaplasia, quasi sempre, significa assenza di differenziazione cellulare, che si raggiunge passando attraverso diverse fasi intermedie denominate metaplasia e displasia, mentre la invasività è una caratteristica delle cellule anaplastiche non differenziate, che invadono progressivamente i tessuti, perché non possiedono più le forze di coesione proprie delle cellule normali. Questi eventi patologici iniziano mediante interazioni fra cause diverse e l'acido desossiribonucleico del nucleo; il famoso DNA cellulare, il materiale genetico dell'eredità costituito dai geni. Alcuni passaggi sono stati oggetto di studi intensi e sono conosciuti, almeno nelle linee principali, mentre altri richiedono ancora notevoli studi per essere chiariti. Il primo «disturbo» cellulare, in una neoplasia, è a carico appunto del materiale genetico ed è costituito da mutazioni, che sono alterazioni dei geni.Tali alterazioni possono venire indotte da cause fisiche, chimiche e virali. L'azione di radiazioni ultraviolette, di radiazioni X, di sostanze chimiche (ad esempio gli idrocarburi policiclici), producono tumori maligni essendo tutti agenti inizialmente mutageni. Tali agenti sono distinti in cancerogeni diretti o indiretti; nel primo caso l'interazione col DNA è immediata, nel secondo caso questa interazione è determinata dalla trasformazione dell'agente chimico in altro derivato noto come "ultimo cancerogeno" (come avviene per gli idrocarburi policiclici), ovvero dall'attivazione dell'ossigeno molecolare (come avviene per le radiazioni). Le mutazioni che si verificano nel genoma umano, per le cause appena citate, sono in genere minime (mutazioni puntiformi) e non portano a morte la cellula ma tendono ad alterarla. Normalmente gli enzimi cellulari sono perfettamente in grado di riparare queste mutazioni, ma ciò può non avvenire per cause diverse (fra cui alterazioni del sistema di riparazione come nella malattia xeroderma pigmentoso). Una sola mutazione su un gene difficilmente produce cancro per il quale, invece, sono necessarie molte altre mutazioni successive. In seguito a questi primi eventi, geni particolari (oncogéni) risultano attivati e possono così produrre proteine alterate tipicamente caratteristiche delle cellule neoplastiche. Sono dunque necessarie alterazioni genetiche multiple per iniziare la serie di eventi che produrrà una neoplasia maligna infiltrante, anche se questi eventi non sono di per sè stessi sufficienti.L'ATTACCO DEI CANCEROGENI E I MECCANISMI DI DIFESANormalmente, ogni giorno, nel nostro organismo si formano alcune cellule di tipo neoplastico, ma queste vengono controllate o uccise dal nostro sistema immunitario che serve anche a questo scopo. Solo se il numero o la qualità di cellule alterate supera queste difese si potrà produrre la neoplasia infiltrante. L'induzione di tumori causati da agenti chimici conferma questa ipotesi. Infatti, individui esposti continuamente a cancerogeni chimici sviluppano più frequentemente certi tumori maligni. L'esempio, fra altri, che si porta a questo proposito è la maggior frequenza con cui i fumatori sviluppano il cancro al polmone, rispetto ai non fumatori. Tale frequenza dipende dal numero di sigarette fumate e dal numero di anni, il che porta a ritenere che più sigarette producano tante mutazioni puntiformi, che alla fine, solo in parte possono essere riparate e quindi possono dar luogo a cellule neoplastiche in numero tale che le difese immunitarie non riescono più a contrastare. Come detto più sopra, virus, radiazioni e sostanze chimiche sono le principali cause di tumore. Molti scienziati ritengono che una buona percentuale di tumori maligni, nelle nazioni industrializzate, siano causati dalle sostanze chimiche. Lo studio della cancerogenesi sperimentale chimica ha spiegato diverse fasi dell'intero processo. Il primo evento, come già detto, è una interazione fra un cancerogeno e il DNA della cellula che produce alterazioni (mutazioni) di geni, che, per quantità o per qualità non riescono ad essere riparate dai sistemi enzimatici di riparo del DNA. A questa fase si dà il nome di «iniziazione», che, in un primo momento, può essere reversibile. Le cellule iniziate possono rimanere come tali per un tempo indefinito oppure possono avanzare verso la malignità. L'avanzamento può avvenire mediante una seconda fase: «la promozione» che è un avvenimento di origine chimica o fisica, che amplifica (potenzia) la iniziazione producendo alterazioni morfologiche delle cellule note come displasie; con la promozione si può giungere alla malignità localizzata (carcinomi in situ). In seguito, con la «progressione» si scatena l'invasività della neoplasia.Cellula tumorale (a destra) e normale (a sinistra) Cellula di tumore benigno (a sin.) e maligno (a destra) CURARE O PREVENIRE I TUMORI?A tutt'oggi le cure risolutive di molti tumori sono possibili quando la malignità è ancora contenuta, per cui la chirurgia riesce a compiere l'asportazione totale, ovvero radicale, delle neoplasie. La terapia medica mediante farmaci - la chemioterapia - è invece risolutiva in pochissimi tipi di malignità (qualche malattia del sangue e tumori del testicolo). D'aItra parte, la prevenzione si è svelata come il mezzo di maggior successo per diminuire l'incidenza dei tumori. Infatti, sulla base di studi epidemiologici si può stabilire che la eliminazione, per esempio, del fumo di tabacco, dell'alcol, di inquinanti ambientali di origine industriale e probabilmente agricola, degli eccessi di radiazioni eccitanti (come gli ultravioletti), delle radiazioni ionizzanti (radiazioni nucleari, raggi x), di grassi saturi o delle calorie in eccesso nella dieta, di cibi conservati sotto sale o affumicati, comporta una sensibile riduzione di incidenza di molte neoplasie maligne.I CAROTENOIDI E IL RETINOLO NELLA PREVENZIONE DEI TUMORIAllo stesso modo, studi epidemiologici hanno evidenziato che individui che si nutrono abbondantemente di vegetali gialli e verdi e che in genere hanno un'elevata concentrazione di carotenoidi nel sangue, hanno una minore probabilità di ammalarsi di diverse neoplasie (soprattutto tumore del polmone). I carotenoidi sono molecole chimiche con la struttura di tetraterpeni ad alta attività antiossidante e sono contenuti naturalmente nei vegetali, dove hanno la funzione di difendere le strutture adibite alla fotosintesi clorofilliana dai danni prodotti dai radicali ossigeno (ossigeno attivato), che si formano durante la fotosintesi stessa. A quest'ultimo riguardo, va ricordato che qualche anno prima di questi rilievi epidemiologici, studi sperimentali, condotti già nel 1979-80 a Pavia e poi negli Stati Uniti, hanno dimostrato che topolini con una dieta molto ricca di carotenoidi sviluppavano, in maniera sensibilmente inferiore, il tumore della cute indotto da benzo(a)pirene e luce ultravioletta lunga, o il tumore della mammella indotto da 8-metossipsoralene e luce ultravioletta lunga (UV-A). Inoltre, ratti con dieta ricca di carotenoidi non presentavano la fase di invasività del tumore dello stomaco indotto da metil nitroso guanidina. Questi risultati, insieme ad altri rilievi hanno permesso di spiegare l'azione anticancerogena dei carotenoidi come un'azione antiossidante, nel modo riportato nella figura della pagina precedente. Si ritiene che nelle varie fasi del processo cancerogenetico maligno (iniziazione, promozione e progressione), come sopra descritto, entrino in gioco molecole altamente reattive chiamate appunto radicali liberi o, se formati dall'ossigeno, ossigenoradicali che possono essere disattivati da sostanze antiossidanti che così funzionano da anticancerogeni. L'evidenza sperimentale ha provato che i carotenoidi, come anti-ossidanti, possono fermare il suddetto processo alle fasi dell'iniziazione o della promozione, quando i cancerogeni sono indiretti, ed infine alla fase della progressione, quando i cancerogeni sono diretti. I carotenoidi allora possono essere considerati come potenti collaboratori degli anti-ossidanti naturaIi, propri dell'organismo, come la catalasi la superossido-dismutasi, il sistema del glutatione e tante altre sostanze fenoliche prodotte dal metabolismo cellulare. La supplementazione con gli anti-ossidanti può anche essere espressa con altre sostanze vitaminiche ad alte dosi, come i tocoferoli e l'acido ascorbico. Ma, nel caso dei carotenoidi, va ricordato pure che il beta-carotene è una sostanza che produce la vitamina A (retinolo). Quest'ultima, a sua volta, è una sostanza che ad alte dosi è preventiva essa stessa dei tumori, perché restaura la normalità delle cellule che si avviano a diventare pre-cancerose. Attualmente, queste ultime notizie, costituiscono l'aspetto più interessante della lotta ai tumori. Si parla oggi sempre più di queste sostanze anti-ossidanti, che implicitamente esercitano attività stimolante anche sul sistema immunitario, per prevenire l'insorgenza del secondo tumore (la recidiva) quando il primo tumore è stato già eradicato totalmente con interventi chirurgici, radio- e anche chemio-terapici. Questo nuovo metodo di supplementazione della dieta giornaliera con carotenoidi, con a-tocoferolo (vitamina E) e acido ascorbico (vitamina C) è chiamato già da più di dieci anni "chemio-prevenzione dei tumori" e costituisce oggi la più significativa speranza di successo nella lotta ai tumori.I RADICALI LIBERII radicali liberi sono molecole chimiche o frammenti di molecole, caratterizzati in genere da un elevato grado di reattività. La loro caratteristica essenziale è rappresentata dalla presenza di un elettrone "spaiato" all'interno della molecola. I radicali liberi possono essere prodotti attraverso l'impatto di radiazioni ionizzanti o ultraviolette o attraverso reazioni chimiche rese possibili da particolari sostanze proteiche, dette enzimi, e/o da metalli.I più importanti radicali liberi sono costituiti da: - anione superossido (02.-) - radicale peridrossi (H02.) - radicale idrossilico (OH.) - radicale perossi (ROO.) L'indicazione chimica del radicale libero, cioè della presenza di elettroni spaiati, è definita graficamente mediante un punto all'interno della formula chimica. La produzione di radicali liberi nel nostro organismo è continua, basti pensare, ad esempio, che le stesse reazioni chimiche responsabili della ossigenazione del sangue (un processo indispensabile per la vita!) comportano la formazione di radicali liberi. L'importanza di bloccare e prevenire i danni indotti dai radicali liberi è enorme, perché essi possono favorire la comparsa di arteriosclerosi, di certi tipi di tumore, di artrite e di intossicazioni del fegato, e sono senz'altro importanti nel favorire i processi di invecchiamento dell'organismo. L'essenza del danno da radicali liberi è rappresentata dalle alterazioni a carico del DNA, cioè del materiale genetico presente in ogni cellula del corpo umano. Ciò comporta danni a proteine (enzimi, ad esempio) ed ai grassi cellulari, con successiva lesione delle pareti delle cellule. L'organismo non resta inoperoso di fronte a questa aggressione e mette in atto una serie di azioni protettive, rappresentate essenzialmente dal blocco e dalla rimozione dei radicali liberi. Questa azione difensiva viene attuata coinvolgendo alcune sostanze nutrienti, quali le vitamine A, C, E, il betacarotene (una sostanza presente in molti alimenti, che rappresenta un precursore della vitamina A) ed alcune sostanze minerali, come il rame, lo zinco, il manganese e il selenio. Studi sperimentali condotti su animali hanno dimostrato che la persistenza, per lunghi periodi di tempo, di bassi livelli di vitamine A, C ed E nel sangue, determina un aumento del rischio di arteriosclerosi e che l'arricchimento della dieta con quote di queste vitamine è in grado di ridurre le lesioni arteriosclerotiche indotte sperimentalmente. Anche il selenio sembra giocare un ruolo assai importante nel blocco dei radicali liberi e conseguentemente nella prevenzione dell'arteriosclerosi, dell'invecchiamento cellulare e di alcuni tipi di tumore. Nonostante l'insieme di queste osservazioni resta ancora da stabilire la dose ottimale di vitamine e minerali per ottenere un effetto bloccante sui radicali liberi. Tuttavia è innegabile l'utilità dell'aumento delle dosi attraverso un valido apporto alimentare e, ove necessario, attraverso la supplementazione farmacologica o con prodotti dietetici. Ancora una volta dunque appare di fondamentale importanza privilegiare l'uso di frutta, verdura e cereali integrali, che contengono elevate quantità di vitamine e sali minerali utili al mantenimento della salute. ANTICRITTOGAMICI, PESTICIDI, CONCIMI E ADDITIVIParlando di antiparassitari o fitofarmaci o pesticidi, ci si riferisce ad un gruppo di sostanze chimiche utilizzate per proteggere le colture e i raccolti dai loro nemici, animali e vegetali. Dal punto di vista legislativo, la Direttiva CEE 78/631 precisa che: «Gli antiparassitari sono i preparati pronti per l'uso, nella forma in cui sono forniti all'utilizzatore, destinati ai seguenti scopi:- distruggere gli organismi nocivi alle piante e ai prodotti vegetali o prevenirne l'azione; - favorire o regolare la produzione vegetale, oppure migliorare il terreno nel caso di concimi; - conservare prodotti vegetali; - distruggere le piante indesiderate o alcune parti di esse; - rendere inoffensivi, o distruggere, gli organismi nocivi diversi da quelli che attaccano le piante, nonché gli organismi importuni ad impedirne l'azione...».
Dal punto di vista funzionale, i fitofarmaci vengono suddivisi tenendo conto del
campo di impiego del prodotto e della sua specificità d'uso. In base a tale
classificazione, i pesticidi vengono normalmente distinti in fungicidi (o
anticrittogamici), insetticidi e acaricidi, erbicidi (o diserbanti).
L'agricoltore può, altresì, disporre di sostanze più specifiche nell'azione,
quali nematocidi, rodenticidi, fitormoni, che allargano le possibilità di difesa
delle piante coltivate (Tabella 27). L'azione degli antiparassitari può
esplicarsi in modo diverso: Dal punto di vista chimico la classificazione risulta estremamente complessa per la molteplicità di principi attivi presenti in commercio. Sommariamente i fitofarmaci possono essere distinti in inorganici (composti a base di rame, zolfo e suoi derivati, di arsenico, di mercurio,...) e organici (complesse molecole chimiche di sintesi). Questa seconda classe è quella più ampia e consente un'ulteriore distribuzione basata su particolari raggruppamenti della molecola organica di cui risulta costituito il principio attivo. In questo caso si possono distinguere organoclorurati, organofosforici, carbamati, ditiocarbamati, benzimidazolici ed auxinici che rappresentano i gruppi chimici più importanti. +---------------------------------------------------------+ ¦ Tabella 27 ¦ ¦ PRINCIPALI PESTICIDI E LORO APPLICAZIONE ¦ +---------------------------------------------------------¦ ¦ AGENTE CHIMICO ¦ ORGANISMO BERSAGLIO ¦ +----------------------------+----------------------------¦ ¦ insetticidi ¦ insetti ¦ ¦ erbicidi ¦ malerbe ¦ ¦ fungicidi ¦ funghi ¦ ¦ nematicidi ¦ nematodi ¦ ¦ acaricidi ¦ acari ¦ ¦ defolianti ¦ foglie ¦ ¦ battericidi ¦ batteri ¦ ¦ rodenticidi ¦ roditori ¦ ¦ molluschicidi ¦ molluschi ¦ ¦ alghicidi ¦ alghe ¦ ¦ regolatori dello sviluppo ¦ ¦ ¦ vegetale ¦ piante ¦ +---------------------------------------------------------+È d'obbligo un cenno al problema della tossicità da fitofarmaci, dato l'impatto massiccio della chimica in agricoltura. La tossicità dei fitofarmaci viene valutata, in base al DPR n. 1255 del 1968, attraverso l'appartenenza a quattro classi tossicologiche. L'attribuzione, ad una di queste, viene fatta valutando quale dose di fitofarmaco è in grado di provocare la morte del 50% - degli animali trattati (Dose Letale 50) (Tabella 28). L'attribuzione ad una classe tossicologica può essere sufficiente a definire la tossicità acuta del pesticida, conseguente, cioè ad una sola massiccia esposizione, ma non idonea a valutarne l'eventuale tossicità cronica (mutagenicità, teratogenicità, cancerogenicità). Data la gravita degli effetti cronici, spesso l'informazione fornita dalla LD 50 può risultare controproducente; infatti l'agricoltore, manipolando sostanze appartenenti a classi tossicologiche ritenute meno pericolose (III o IV), tende ad abbassare la guardia, finendo per trascurare quelle norme di sicurezza personale, che solitamente impiega nell'utilizzo di prodotti ad LD 50 più elevata. +-------------------------------------+ ¦ Tabella 28 ¦ ¦ CLASSI TOSSICOLOGICHE DEI PESTICIDI ¦ +-------------------------------------¦ ¦ CLASSE ¦ DL 50 MG/KG ¦ +------------------+------------------¦ ¦ I ¦ 50 ¦ ¦ II ¦ 50 - 100 ¦ ¦ III ¦ > 500 ¦ ¦ IV ¦ molto > 500 ¦ +-------------------------------------+ È da rilevare che non solo gli operatori in agricoltura possono essere
esposti a pesticidi. Infatti loro residui, in particolare quelli derivati dagli
insetticidi, possono riscontrarsi in frutta, verdura e acqua potabile. I
pesticidi rientrano, quindi, nel gruppo degli additivi alimentari non
intenzionali assieme agli ormoni e ad altre sostanze usate durante la fase di
confezionamento del cibo. Dal punto di vista legislativo, in base al DM
31/3/1965, «sono considerate additivi chimici quelle sostanze, prive di potere
nutritivo o impiegate a scopo non nutritivo, che si aggiungono, in qualsiasi
fase di lavorazione, alla massa o alla superficie degli alimenti, per conservare
nel tempo le caratteristiche chimiche, fisiche e fisico-chimiche, per evitare
l'alterazione spontanea oppure per esaltarne favorevolmente particolari
caratteristiche di aspetto, di sapore, di odore o di consistenza».
Sostanzialmente gli additivi svolgono due tipi di funzione: Oggi nell'industria alimentare vengono impiegati oltre 3000 composti prodotti
dall'industria chimica. A dire il vero, l'uso di additivi ha tradizioni
storiche, infatti gli antichi Egizi usavano lo zafferano per colorare gli
alimenti, i Romani aggiungevano anidride solforosa al vino e Plinio il Vecchio
criticava i vignaioli delle Gallie perché aggiungevano resine, gesso e calce al
vino, già nel I secolo d.C.. In base a leggi comunitarie e nazionali viene
stabilita la quantità minima di additivi da aggiungere ai vari alimenti, in
relazione alla dose massima giornaliera ammissibile per l'uomo. Questa dose
corrisponde alla centesima parte di quella risultata priva di tossicità per gli
animali da laboratorio su cui gli additivi sono stati sperimentati. Nonostante
tutto, alcuni coloranti ed edulcoranti, già introdotti in uso, sono stati
vietati in seguito a risultati di esperimenti successivi, che ne hanno mostrato
la pericolosità per la salute umana. Nell'etichetta degli ingredienti, che ogni
alimento confezionato deve avere, gli additivi vengono indicati con la loro
funzione (ad es. antiossidante, colorante) e col loro vero nome (Acido
ascorbico, caramello). Il nome chimico può essere sostituito dalla lettera E
(quale iniziale di Europa) seguita da un numero, che ha il significato pratico
di classificazione. I coloranti sono compresi fra E100 ed El99; gli altri
additivi da E200 a E499. In Italia sono ammessi circa 20 coloranti, mentre
possono essere usati un centinaio circa di altri additivi, raggruppati in ben 17
categorie. Le più significative sono riportate in Tabella 29. I coloranti
vengono impiegati per dare al prodotto il colore naturale, perduto durante la
preparazione dell'alimento. Vengono utilizzati nei dolci, nelle bevande e nei
gelati. Gli unici gusti privi di coloranti sono cioccolato, limone, torrone e
panna. I coloranti più utilizzati sono il caramello (E150) e l'acido carminico
(E120), che conferisce il colore rosso. I conservanti permettono di prolungare
la durata di conservazione e sono utilizzati insieme ad antiossidanti e
stabilizzanti. I più utilizzati sono anidride solforosa (E220) e solfiti
(E221-225) nei succhi di frutta, sottaceti, confetture e vini; acido acetico
(E260) nelle salse; acido sorbico (E200) nella frutta secca, candita e nello
yogurt a base di frutta; acido propionico (E281-282) nel pane in cassetta. Di
particolare interesse sono due antibiotici, primaricina e nisina utilizzati
nella produzione dei formaggi. Gli antiossidanti evitano l'imbrunimento del
colore e la degradazione del sapore e dell'odore degli alimenti. I più usati
sono l'acido ascorbico (E300-E304) utilizzato in molti alimenti preconfezionati
(marmellate, budini, gomme da masticare, ecc....); l'acido lattico (E270) nelle
merendine industriali; l'acido citrico (E300) nel latte in polvere. Gli
edulcoranti sono sostanze, quali il sorbitolo (E420) e il mannitolo (E421), che
hanno un potere dolcificante inferiore a quello dello zucchero comune. Vengono
utilizzati negli alimenti dietetici. Altri additivi di largo impiego sono gli
esaltatori di sapore come il glutammato di sodio, contenuto nei dadi da brodo;
gli emulsionanti e stabilizzanti, quali la lecitina (E322), utilizzata nella
preparazione della maionese; i fosfati (E339-341) e polifosfati (E450) impiegati
nella preparazione di salumi e formaggi fusi e gli antiagglomeranti, come il
carbonato di magnesio, che impedisce al sale da cucina di formare grumi. +--------------------------------+ ¦ Tabella 29 ¦ ¦ PRINCIPALI ADDITIVI ALIMENTARI ¦ +--------------------------------¦ ¦ coloranti ¦ ¦ antiossidanti ¦ ¦ edulcoloranti ¦ ¦ antiagglomeranti ¦ ¦ gelificanti ¦ ¦ conservanti ¦ ¦ emulsionanti ¦ ¦ esaltatori di sapore ¦ ¦ addensanti ¦ ¦ stabilizzanti ¦ +--------------------------------+ +----------------------------------------------------------------+ STATISTICHE ALIMENTARILo studio statistico dei comportamenti alimentari e delle correlazioni con le malattie presenta molteplici difficoltà. Per esemplificare il problema e per familiarizzarvi con la specifica terminologia ed illustrarne i contenuti, divideremo gli argomenti in tre grandi aree:- la descrizione della dieta; - gli studi di popolazione; - gli studi su singoli individui. DESCRIVERE LA DIETA La dieta non è ovviamente un'esposizione unica come il fumo di sigaretta o l'alcol (le cui fonti sono, ad esempio, assai poche: vino, birra e superalcolici). È costituita, invece, da una rete molto complessa di alimenti ed abitudini, spesso assai variabili nell'arco del tempo (si pensi alle diverse età della vita, alla stagionalità di molti cibi, nonché all'influenza delle crisi economiche e politiche sui consumi alimentari) e assai difficile da descrivere con accuratezza. Non stupisce, perciò, che le statistiche alimentari siano varie e complesse. Da lungo tempo, tutti i Paesi organizzati forniscono dati sul consumo pro-capite degli alimenti più comuni. La Tabella 24 mostra, ad esempio, la quantità media di pasta, carne, pesce e vino consumati pro-capite in diverse parti d'Italia. Limiti dell'informazione «pro-capite» sono ovvi, perché non tengono conto della grande variabilità individuale nel consumo degli alimenti: è chiaro, ad esempio, che un consumo pro-capite di alcol relativamente basso non esclude che l'alcolismo costituisca un notevole problema per un gruppo particolare di soggetti. Inoltre, volendo ragionare in termini biologici, è essenziale entrare nel merito di che cosa i cibi di più ampio consumo contengono in termini di macronutrienti (zuccheri, grassi, proteine, nonché calorie totali) e micronutrienti (vitamine, minerali, ecc.). Ecco, perciò, la necessità di consultare le tabelle di composizione dei cibi. Anche la composizione dei piatti può variare grandemente a seconda degli usi delle diverse regioni (es. grandezza della porzione media, tipi di condimento, tipo di alimentazione del bestiame, contenuto minerale del suolo, ecc.). Oltre alle variazioni delle abitudini alimentari da un luogo all'altro, di grande interesse epidemiologico per il confronto con la maggiore o minore diffusione delle malattie, sono le variazioni nel tempo. I radicali cambiamenti dei consumi pro-capite sono ben illustrati nella tabella 4. STUDI DI POPOLAZIONE L'associazione tra l'alimentazione e la frequenza delle malattie si può studiare essenzialmente in due modi: a livello di intere popolazioni o di singoli individui. Il primo approccio si basa soprattutto sugli studi di correlazione in cui i cosiddetti coefficienti di correlazione (che vanno da O a l) esprimono quanto stretto appaia il nesso tra le varie abitudini alimentari di una popolazione ed un determinato fenomeno patologico. Più il coefficiente di correlazione è vicino a 1, più l'associazione è forte: in genere si ritengono interessanti coefficienti superiori a 0.5 o 0.6. Anche il segno del coefficiente è importante: un segno positivo indica un'associazione diretta (cioè, che più si consuma quel cibo più è alto il rischio di malattia), un segno negativo un'associazione inversa (ovvero una protezione). STUDI SU SINGOLI INDIVIDUI Per gli studi individuali su dieta e malattia, si possono distinguere due metodi principali: gli studi caso-controllo e gli studi prospettici. Gli studi caso-controllo si basano sul confronto tra le abitudini dietetiche di due gruppi di individui: i «casi», che sono pazienti sicuramente affetti da una malattia ben definita (es. un tumore) ed i controlli, che sono individui sicuramente indenni da quella malattia. La raccoIta delle informazioni sulla loro dieta abituale, è attuata di solito mediante un questionario, che viene sottoposto in modo identico ai casi ed aicontrolli. Disporre di un buon questionario è essenziale per raccogliere dati affidabili: non deve essere né troppo lungo (finirebbe per stancare l'intervistato) né troppo corto (mancherebbe di dati indispensabili), e, soprattutto, deve contenere domande chiare e precise. Alla fine si confrontano le risposte dei casi e dei controlli, classificandoli, ad esempio, in terzili (3 gruppi) o quintili (5 gruppi) di consumo, per vedere se, in generale, i casi mostrano un consumo più o meno elevato dei controlli. Negli studi prospettici, si individuano due gruppi di persone che si distinguono non per avere o meno una certa malattia ma, al contrario, per presentare o meno una certa abitudine alimentare (es. soggetti vegetariani e soggetti che mangiano frequentemente la carne). Seguendo nel tempo (con il cosiddetto follow-up) tali due gruppi, si può verificare se in uno dei due si abbia la comparsa più o meno frequente di una malattia ben definita (es. un tumore) rispetto all'altro gruppo. Ovviamente anche qui è importante disporre di un buon questionario. Negli studi di tipo caso-controllo o prospettico, di solito, l'effetto degli alimenti si calcola in termini di «rischio relativo», ovvero del numero di volte per cui quella determinata abitudine dietetica aumenta o diminuisce la probabilità di manifestare la malattia in studio. Molto interessante è il rapporto tra il consumo di verdure e la probabilità di sviluppare alcuni tumori, così come è emerso da alcuni studi epidemiologici fatti nel Nord-Italia. Poiché le verdure proteggono da numerose neoplasie, i soggetti che ne riferiscono il consumo più elevato presentano costantantemente rischi relativi inferiori ad 1 (ad esempio, 0,6 per l'esofago, ovvero 40% in meno). Ben evidente appare dunque l'importanza dell'analisi statistica dei dati ricavati dallo studio dei comportamenti. In questo modo infatti è possibile identificare con rigore alimenti che facilitano ed altri che ostacolano lo sviluppo di molte malattie ed orientare le scelte nutrizionali atte a favorire il mantenimento della salute. LE TABELLE DI COMPOSIZIONE DEGLI ALIMENTILe tabelle di composizione alimentare costituiscono un mezzo assai utile per poter perfezionare le conoscenze individuali e teoriche; ma, nello stesso tempo, sono indispensabili per un approccio pratico ai problemi della nutrizione. Questi dati, infatti, potranno essere molto utili per calcolare il valore nutritivo della vostra alimentazione e potranno essere impiegate pure per programmare nuovi schemi alimentari o per calcolare i contenuti calorici e nutrizionali di ricette e menù. Potrete verificare in modo diretto i contenuti di zuccheri, grassi, proteine, vitamine, minerali e fibre dei vari alimenti. I dati forniti sono ottenuti attraverso esami specifici, condotti in laboratorio su campioni alimentari. Dovete però ricordare che esiste una certa variabilità nel contenuto nutrizionale di uno stesso cibo, in relazione al grado di maturazione, al periodo di tempo trascorso nei magazzini, al clima ed alla composizione del suolo della zona in cui è stato coltivato. Per spiegarmi meglio, dirò che ad esempio una mela coltivata nel Lazio e raccolta a settembre non avrà necessariamente le identiche quantità di zuccheri e vitamine di una mela coltivata in Trentino e raccolta un mese dopo. Oppure un frutto raccolto e mangiato oggi non apporta lo stesso contenuto vitaminico dello stesso frutto mangiato tre mesi dopo la sua raccolta. Tuttavia queste variazioni non diminuiscono l'importanza delle tabelle che sono in grado di fornire valori medi, valori cioè ottenuti dall'analisi di molti campioni di uno stesso prodotto coltivato in aree diverse e raccolto in momenti diversi. Gli alimenti all'interno delle tabelle sono disposti in ordine alfabetico per favorirne la lettura. Tutti i dati sono riferiti a 100 grammi di prodotto; ma come ben comprendete, solo occasionalmente una porzione di alimento corrisponde a tale quota. Sarà pertanto necessario che vi alleniate alla stima del peso mediante l'aiuto di una bilancia o di misurini graduati, quando volete fare delle valutazioni della composizione alimentare. A questo punto sarà facile convertire i valori delle tabelle nei valori relativi alla vostra porzione mediante questo metodo: dividere per 100 il peso della porzione da valutare e moltiplicare il valore ottenuto per il valore rispettivamente di calorie, proteine, grassi, ecc. riportati nelle tabelle per quel determinato alimento.+----------------------------------------------------------------+ ¦ Tabella 31 ¦ ¦ COMPOSIZIONE CHIMICA E VALORE ENERGETICO DEGLI ALIMENTI ¦ ¦ PER 100 G. DI PARTE EDIBILE ¦ +----------------------------------------------------------------¦ ¦ ALIMENTI ¦PARTE¦ACQUA¦PRO- ¦LI- ¦ GLUCIDI ¦ ¦ ¦EDI- ¦ (g) ¦TEINE¦PIDI+------------------------¦ ¦ ¦BILE ¦ ¦ (g) ¦(g) ¦DISPO-¦AMIDO¦SOLU-¦FIBRA¦ ¦ ¦ (g) ¦ ¦ ¦ ¦NIBILI¦ (g) ¦BILI ¦ (g) ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ (g) ¦ ¦ (g) ¦ ¦ +----------------+-----+-----+-----+----+------+-----+-----+-----¦ ¦CEREALI E DERIV.¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ Biscotti ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ Marie ¦ 100 ¦ 2,2 ¦ 6,6 ¦ 7,9¦ 85,4 ¦ 60,3¦ 18,5¦ - ¦ ¦ Cornflakes ¦ 100 ¦ 8,0 ¦ 6,6 ¦ 0,8¦ 88,1 ¦ 70,0¦ 10,4¦ - ¦ ¦ Farina di ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ frum integr. ¦ 100 ¦13,4 ¦11,9 ¦ 1,9¦ 68,4 ¦ 59,7¦ 2,1¦ 1,8 ¦ ¦ Farina frum. ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ tipo 0 ¦ 100 ¦14,2 ¦11,5 ¦ 1,0¦ 76,9 ¦ 67,7¦ 1,8¦ 0,1 ¦ ¦ Farina frum. ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ tipo 00 ¦ 100 ¦14,2 ¦11,0 ¦ 0,7¦ 78,0 ¦ 68,7¦ 1,7¦ - ¦ ¦ Fette ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ biscottate ¦ 100 ¦ 4,0 ¦11,3 ¦ 6,0¦ 83,0 ¦ 72,8¦ 2,2¦ - ¦ ¦ Grissini ¦ 100 ¦ 8,5 ¦12,3 ¦13,9¦ 69,0 ¦ 60,2¦ 2,2¦ 0,2 ¦ ¦ Mais ¦ ¦12,5 ¦ 9,2 ¦ 3,8¦ 75,8 ¦ 66,0¦ 2,5¦ 2,2 ¦ ¦ Pane tipo 0 ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ (pezz. 100 g) ¦ 100 ¦31,0 ¦ 8,1 ¦ 0,5¦ 64,0 ¦ 55,9¦ 2,0¦ 0,1 ¦ ¦ Pane tipo 00 ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ (pezz. 100 g) ¦ 100 ¦29,0 ¦ 8,2 ¦ 0,4¦ 67,5 ¦ 59,1¦ 1,9¦ - ¦ ¦ Pane di tipo ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ integrale ¦ 100 ¦36,6 ¦ 7,5 ¦ 1,3¦ 53,8 ¦ 48,5¦ - ¦ 1,7 ¦ ¦ Pasta di ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ semola ¦ 100 ¦12,4 ¦10,8 ¦ 0,3¦ 82,8 ¦ 72,2¦ 2,7¦ 0,3 ¦ ¦ Pasta al- ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ l'uovo ¦ 100 ¦12,5 ¦13,0 ¦ 2,4¦ 78,6 ¦ 69,0¦ (2) ¦ 0,2 ¦ ¦ Pizza con ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ pomodoro ¦ 100 ¦40,5 ¦ 4,0 ¦ 4,0¦ 51,9 ¦ 35,4¦ 12,6¦ - ¦ ¦ Riso ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ brillato ¦ 100 ¦12,9 ¦ 7,0 ¦ 0,6¦ 87,6 ¦ 78,7¦ 0,2¦ 0,2 ¦ +----------------------------------------------------------------¦ +----------------------------------------------------------------¦ ¦ ¦CALO¦FERRO¦CAL- ¦FO- ¦VIT. ¦VIT. ¦VIT.¦VIT. ¦VIT.¦ ¦ ¦RIE ¦(mg) ¦CIO ¦SFORO¦B 1 ¦B 2 ¦PP ¦A ¦C ¦ ¦ ¦ ¦ ¦(mg) ¦(mg) ¦(mg) ¦(mg) ¦(mg)¦(mcg)¦(mg)¦ ¦ ¦Kcal¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ +-------------+----+-----+-----+-----+-----+-----+----+-----+----¦ ¦ CEREALI E ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ DERIVATI ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ Biscotti ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦trac-¦ ¦ ¦ Marie ¦ 418¦ 0,9 ¦ 22 ¦ 157 ¦ - ¦ - ¦ - ¦ce ¦ - ¦ ¦ Cornflakes ¦ 364¦ 2,8 ¦ 74 ¦ 58 ¦ - ¦ - ¦ - ¦ - ¦ - ¦ ¦ Farina di ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ frum. integr¦ 321¦ 3,0 ¦ 28 ¦ 300 ¦ 0,40¦ 0,16¦ 5,0¦ 0 ¦ 0 ¦ ¦ Farina frum.¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ tipo 0 ¦ 343¦ 0,9 ¦ 18 ¦ 160 ¦ 0,25¦ 0,04¦ 1,2¦ 0 ¦ 0 ¦ ¦ Farina frum.¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ tipo 00 ¦ 343¦ 0,7 ¦ 17 ¦ 76 ¦ 0,10¦ 0,03¦ 1,0¦ 0 ¦ 0 ¦ ¦ Fette ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ biscottate ¦ 410¦ 3,8 ¦ 55 ¦ 124 ¦ 0,50¦ 0,30¦ 2,6¦ 0 ¦ - ¦ ¦ Grissini ¦ 433¦ 2,3 ¦ 13 ¦ 162 ¦ 0,12¦ 0,08¦ 0,9¦ 0 ¦ - ¦ ¦ Mais ¦ 355¦ 2,4 ¦ 15 ¦ 256 ¦ 0,36¦ 0,20¦ 1,5¦ 62 ¦ 0 ¦ ¦ Pane tipo 0 ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ (pezz.100 g)¦ 276¦ 0,7 ¦ 17 ¦ 77 ¦ 0,06¦ 0,06¦ 0,8¦ 0 ¦ 0 ¦ ¦ Pane tipo 00¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ (pezz.100 g)¦ 290¦ 0,8 ¦ 14 ¦ 63 ¦ 0,04¦ - ¦ - ¦ 0 ¦ 0 ¦ ¦ Pane tipo ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ integrale ¦ 243¦ 2,5 ¦ 25 ¦ 180 ¦ 0,10¦ 0,12¦ - ¦ - ¦ - ¦ ¦ Pasta di ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ semola ¦ 356¦ 1,3 ¦ 17 ¦ 165 ¦ 0,14¦ 0,11¦ 2,0¦ 0 ¦ - ¦ ¦ Pasta al- ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ l'uovo ¦ 368¦ 2,1 ¦ 22 ¦ 199 ¦ 0,14¦ 0,19¦ - ¦ 35 ¦ - ¦ ¦ Pizza con ¦ ¦trac-¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ pomodoro ¦ 247¦ce ¦ 12 ¦ 49 ¦ - ¦ - ¦ - ¦ 0 ¦ 0 ¦ ¦ Riso ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ brillato ¦ 362¦ 0,6 ¦ 6 ¦ 120 ¦ 0,06¦ 0,03¦ 1,3¦ 0 ¦ 0 ¦ +----------------------------------------------------------------+ +----------------------------------------------------------------+ +----------------------------------------------------------------¦ +----------------------------------------------------------------+ +----------------------------------------------------------------¦ +----------------------------------------------------------------+ +----------------------------------------------------------------¦ +----------------------------------------------------------------+ +----------------------------------------------------------------¦ +----------------------------------------------------------------+ +----------------------------------------------------------------+ +----------------------------------------------------------------¦ +----------------------------------------------------------------+ +----------------------------------------------------------------¦ +----------------------------------------------------------------+ +----------------------------------------------------------------¦ +----------------------------------------------------------------¦ +----------------------------------------------------------------¦ +----------------------------------------------------------------+ +----------------------------------------------------------------¦ +----------------------------------------------------------------+ +----------------------------------------------------------------¦ +----------------------------------------------------------------+
CHE COSA PENSI DELL'ALIMENTAZIONE?L'importanza di una sana e corretta alimentazione per il mantenimento di buone condizioni di salute e la prevenzione di molte malattie è cosa ben nota a tutti. Si deve però segnalare come le conoscenze in termini alimentari siano ancor oggi influenzate da luoghi comuni e credenze popolari tipiche delle varie regioni. Ciò comporta il mantenersi ed il propagarsi di errori concettuali che, in ultima analisi, si traducono in errori operativi realizzati in assoluta «buona fede», col convincimento cioè di esser nel giusto, anzi, di scegliere alimenti, ricette e tipi di cottura sani ed idonei per le varie situazioni cliniche. Su problemi di cardiochirurgia o di immunologia pochi esprimono giudizi, ma chi di noi rinuncia ad un commento personale sulle calorie, sui grassi, sui cibi che fanno bene e su quelli che fanno male, su quando mangiare la frutta, sulla necessità di bere molta o poca acqua mangiando, sull'uso delle uova nei malati di fegato e sulla digeribilità di questo o di quel cibo? Si sa che, per poter realizzare un intervento educazionale corretto e modificare in modo valido determinate abitudini alimentari inidonee, è fondamentale avere prima di tutto un'idea su ciò che normalmente si pensa dell'alimentazione e dei princìpi nutrizionali. Per tale ragione abbiamo realizzato, presso l'Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova, un questionario che consente di valutare le conoscenze alimentari e di guidare successivamente l'intervento educazionale. Questo strumento può essere utile per insegnanti, per dietiste, per medici ed altri operatoi che specificatamente si occupano del problema. Tuttavia, ritengo possa essere interessante per tutti, verificare qual'è il punteggio individuale e quante sono le cose che si credeva di sapere e invece non si sanno! Chi otterrà un punteggio superiore a 40 risposte esatte deve considerarsi molto bravo. Bravino è chi risponde correttamente ad almeno 35 quesiti. Chi invece si ferma sotto le 30 risposte positive deve lavorare sodo per informarsi di più. Può essere interessante ripetere il test dopo 6 mesi, per verificare l'entità dei progressi; oppure realizzare il test in una serata tra amici, anche per favorire la discussione sul tema.QUESTIONARIO: SAI TUTTO SUL CIBO? 1. Dovendo definire le proteine, diresti che si tratta di: COME VALUTARE LA PROPRIA DIETA?Avere un'idea precisa sulle caratteristiche della propria alimentazione non è sempre facile. Eccovi la proposta di un metodo semplice ed attendibile, basato su un questionario ampiamente collaudato e facile da realizzare. Inizialmente il questionario è stato sviluppato dal Dr. Alabaster, negli Stati uniti, ed in seguito è stato da me adattato alla situazione italiana. Sarà sufficiente rispondere ad ogni quesito e successivamente fare la somma del punteggio ottenuto. Il punteggio non deve creare ansia o depressione: indicherà soltanto se ciò che fate è giusto oppure no e vi aiuterà a far meglio nel futuro. Sono certo che, dopo aver letto questo libro, vi sarà possibile mettere in pratica molte nuove nozioni e rendere la vostra dieta più sana e sicura. In parole povere, questo vuol dire che il vostro punteggio nel questionario tenderà ad aumentare già dopo uno o due mesi di nuova vita alimentare! Il massimo punteggio ottenibile, cioè il totale perfetto, è 140; ma praticamente nessuno lo raggiunge. Se il vostro punteggio supera i 100, l'abitudine alimentare che state seguendo è eccellente e vi è ben poco da modificare. Se il totale è superiore a 60 ma inferiore a 100, siete sulla buona strada, ma dovete ancora migliorare. Se infine siete fra 30 e 60 dovete apportare molte modifiche all'alimentazione attuale e se addirittura il punteggio non raggiunge il valore di 30, rimboccatevi le maniche e dateci dentro, perché dovete cambiare tante cose e prima cominciate, meglio è! Dopo tutto quello che abbiamo detto, non siete curiosi, non volete verificare il vostro punteggio? Avanti, fatelo subito e confrontate il risultato con i vostri amici. Se avrete ottenuto un buon punteggio mi complimento con voi, altrimenti vi invito ad una rapida modificazione delle abitudini e a una ripetizione del questionario fra un mese!+----------------------------------------------------------------+ ¦ QUESTIONARIO: DIMMI COME MANGI E TI DIRÒ CHI SEI! ¦ +----------------------------------------------------------------¦ ¦ VALUTAZIONE NUTRIZIONALE ¦ ¦ PUNTEGGIO ¦ +----------------------------+---------------------+-------------¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦1. La vostra dieta contie- ¦ al giorno ¦ +4 ¦ ¦ ne 2 o più fette di pa- ¦ 5 giorni/settimana ¦ +3 ¦ ¦ ne integrali ¦ 3 giorni/settimana ¦ +2 ¦ ¦ ¦ 1 giorno/settimana ¦ ¦ ¦ ¦ o meno ¦ 0 ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦2. A colazione la vostra ¦ al giorno ¦ +4 ¦ ¦ dieta contempla l'equi- ¦ 5 giorni/settimana ¦ +3 ¦ ¦ valente di una porzio- ¦ 3 giorni/settimana ¦ +2 ¦ ¦ ne di cereali integra- ¦ 1 giorno/settimana ¦ ¦ ¦ li ¦ 0 meno ¦ 0 ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦3. La vostra dieta con- ¦ al giorno ¦ +4 ¦ ¦ templa 1 porzione di ¦ 5 giorni/settimana ¦ +3 ¦ ¦ riso, pasta o equi- ¦ 3 giorni/settimana ¦ +2 ¦ ¦ valente ¦ 1 giorno/settimana ¦ ¦ ¦ ¦ o meno ¦ 0 ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦4. La vostra dieta contie- ¦ al giorno ¦ +6 ¦ ¦ ne 2 frutti ¦ 5 giorni/settimana ¦ +4 ¦ ¦ ¦ 3 giorni/settimana ¦ +3 ¦ ¦ ¦ 1 giorno/settimana ¦ ¦ ¦ ¦ o meno ¦ 0 ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦5. Mangiate regolarmente ¦ agrumi ¦ +4 ¦ ¦ (quando è la stagione ¦ mele ¦ +2 ¦ ¦ o è possibile) uno di ¦ pesche ¦ +2 ¦ ¦ questi frutti 2 giorni ¦ albicocche ¦ +2 ¦ ¦ alla settimana, o più ¦ melone ¦ +2 ¦ ¦ ¦ Se non avete mangia-¦ ¦ ¦ ¦ to nessuno di questi¦ ¦ ¦ ¦ frutti nell'ultimo ¦ -4 ¦ ¦ ¦ mese ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦6. La vostra dieta contem- ¦ al giorno ¦ +6 ¦ ¦ pla 2 o più verdure ¦ 5 giorni/settimana ¦ +4 ¦ ¦ ¦ 3 giorni/settimana ¦ +3 ¦ ¦ ¦ 1 giorno/settimana ¦ ¦ ¦ ¦ o meno ¦ 0 ¦ ¦ ¦ Se non avete mangia-¦ ¦ ¦ ¦ to verdure o ortaggi¦ ¦ ¦ ¦ per una settimana o ¦ -5 ¦ ¦ ¦ più ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦7. In media mangiate una ¦ broccoli ¦ +3 ¦ ¦ di queste verdure un ¦ cavolini di bruxel- ¦ ¦ ¦ giorno alla settimana ¦ les ¦ +3 ¦ ¦ o più ¦ cavolfiore ¦ +3 ¦ ¦ ¦ spinaci ¦ +3 ¦ ¦ ¦ carote ¦ +3 ¦ ¦ ¦ semi di soia ¦ +3 ¦ ¦ ¦ fagioli ¦ +3 ¦ ¦ ¦ Se non avete mangia-¦ ¦ ¦ ¦ to verdure per due ¦ -5 ¦ ¦ ¦ settimane o più ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦8. Consumate una porzione ¦ ogni giorno ¦ -5 ¦ ¦ di carne rossa ¦ 5 giorni/settimana ¦ -3 ¦ ¦ ¦ 3 giorni/settimana ¦ ¦ ¦ ¦ o meno ¦ 0 ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦9. Consumate una porzione ¦ al giorno ¦ +4 ¦ ¦ di pollame (senza pel- ¦ 5 giorni/settimana ¦ +3 ¦ ¦ le) ¦ 3 giorni/settimana ¦ +2 ¦ ¦ ¦ 1 giorno/settimana ¦ ¦ ¦ ¦ o meno ¦ 0 ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦10. Consumate una porzione ¦ al giorno ¦ +4 ¦ ¦ di pesce ¦ 5 giorni/settimana ¦ +3 ¦ ¦ ¦ 3 giorni/settimana ¦ +2 ¦ ¦ ¦ 1 giorno/settimana ¦ ¦ ¦ ¦ o meno ¦ 0 ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦11. Il pesce viene da ¦ laghi o fiumi ¦ -5 ¦ ¦ ¦ mare ¦ 0 ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦12. Consumate in media ¦ 2 o più uova ¦ ¦ ¦ ¦ (tuorlo)/giorno ¦ -5 ¦ ¦ ¦ 1 uovo/giorno ¦ -2 ¦ ¦ ¦ 3 uova/settimana ¦ ¦ ¦ ¦ o meno ¦ +5 ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦13. La vostra assunzione ¦ latte scremato ¦ +3 ¦ ¦ media di latte è equi- ¦ latte 1% ¦ +2 ¦ ¦ valente a 1 o più bic- ¦ latte 2% ¦ 0 ¦ ¦ chieri al giorno di ¦ latte intero ¦ -5 ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦14. Consumate in media ¦ più di 30 g di for- ¦ ¦ ¦ ¦ maggio ogni giorno ¦ -3 ¦ ¦ ¦ meno di 30 g circa ¦ ¦ ¦ ¦ di formaggio ogni ¦ ¦ ¦ ¦ giorno ¦ +2 ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦15. Indicate le due fonti ¦ burro ¦ -4 ¦ ¦ di grasso che usate ¦ margarina morbida ¦ +3 ¦ ¦ molto spesso ¦ olio di mais ¦ +3 ¦ ¦ ¦ olio di oliva ¦ +1 ¦ ¦ ¦ olio di semi di soia¦ +4 ¦ ¦ ¦ olio di noce/cocco ¦ +4 ¦ ¦ ¦ olio di cartamo ¦ +3 ¦ ¦ ¦ altri oli saturi ¦ -4 ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦16. La vostra dose giorna- ¦ 2 cucchiai da tavola¦ ¦ ¦ liera di grasso aggiun- ¦ di margarina morbida¦ ¦ ¦ to (usato nella cottura ¦ olio ¦ +5 ¦ ¦ nei condimenti, sul pane¦ 4 cucchiai da tavola¦ +3 ¦ ¦ ecc.) in media è l'equi-¦ 6 cucchiai o più ¦ -5 ¦ ¦ valente di ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦17. Bevete 1 bicchiere o ¦ ogni giorno ¦ +5 ¦ ¦ più di succo d'aran- ¦ 5 giorni/settimana ¦ +3 ¦ ¦ cia (o altri succhi ¦ 3 giorni/settimana ¦ +2 ¦ ¦ di frutta o di verdure) ¦ 1 giorno/settimana ¦ ¦ ¦ ¦ o meno ¦ 0 ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦18. Cucinate due o più gior-¦ frittura ¦ -3 ¦ ¦ ni alla settimana con ¦ barbecue ¦ -5 ¦ ¦ uno di questi metodi ¦ cottura al forno ¦ +3 ¦ ¦ ¦ cottura alla griglia¦ +1 ¦ ¦ ¦ cottura a vapore ¦ +5 ¦ ¦ ¦ cottura a microonde ¦ +5 ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦19. Mangiate alimenti af- ¦ 2 o più volte/set- ¦ ¦ ¦ fumicati ¦ timana ¦ -5 ¦ ¦ ¦ una volta/settimana ¦ -2 ¦ ¦ ¦ due volte/settimana ¦ -1 ¦ ¦ ¦ una volta/mese ¦ ¦ ¦ ¦ o meno ¦ +5 ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦20. Mangiate alimenti trat- ¦ 2 o più volte/set- ¦ ¦ ¦ tati col sale (che con- ¦ timana ¦ -5 ¦ ¦ tengono nitrati) ¦ una volta/settimana ¦ -2 ¦ ¦ ¦ due volte/mese ¦ -1 ¦ ¦ ¦ una volta/mese ¦ ¦ ¦ ¦ o meno ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ +5 ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦21. Mangiate sottaceti ¦ 2 o più volte/set- ¦ ¦ ¦ ¦ timana ¦ -5 ¦ ¦ ¦ una volta/settimana ¦ -2 ¦ ¦ ¦ due volte/mese ¦ -1 ¦ ¦ ¦ una volta/mese ¦ ¦ ¦ ¦ o meno ¦ +5 ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦22. Mangiate alimenti trat- ¦ ogni giorno ¦ -5 ¦ ¦ tati che contengono ¦ 5 volte/settimana ¦ -4 ¦ ¦ conservanti nitrati ¦ 3 volte/settimana ¦ -3 ¦ ¦ ¦ una volta/settimana ¦ -1 ¦ ¦ ¦ una volta al mese ¦ ¦ ¦ ¦ o meno ¦ +5 ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦23. Mangiate hamburger ¦ 4 o più volte/set- ¦ ¦ ¦ ¦ timana ¦ -3 ¦ ¦ ¦ 1-3 volte/settimana ¦ 0 ¦ ¦ ¦ meno di 1 volta/ ¦ ¦ ¦ ¦ settimana ¦ +3 ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦24. Mangiate fritti ¦ 4 o più volte/set- ¦ ¦ ¦ ¦ timana ¦ -3 ¦ ¦ ¦ 1-3 volte/settimana ¦ -2 ¦ ¦ ¦ meno di una volta ¦ ¦ ¦ ¦ settimana ¦ 0 ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦25. Consumate in media una ¦ 4 o più volte/set- ¦ ¦ ¦ porzione di "robaccia" ¦ timana ¦ -5 ¦ ¦ come patatine, dolcet- ¦ 1-3 volte/settimana ¦ -3 ¦ ¦ ti o snack ad alto ap- ¦ meno di una volta ¦ ¦ ¦ porto calorico? ¦ settimana ¦ 0 ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦26. Togliete regolarmente ¦ si ¦ +3 ¦ ¦ il grasso o la pelle ¦ no ¦ -3 ¦ ¦ dalla carne o dal pol- ¦ ¦ ¦ ¦ lame? ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦27. Quando comprate, sce- ¦ si ¦ +4 ¦ ¦ gliete regolarmente ¦ no ¦ -2 ¦ ¦ alimenti poveri o gras- ¦ ¦ ¦ ¦ si? ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦28. Usate dolcificanti ¦ quotidianamente ¦ -3 ¦ ¦ artificiali? ¦ 3 giorni/settimana ¦ -1 ¦ ¦ ¦ 1 giorno/settimana ¦ ¦ ¦ ¦ o meno ¦ 0 ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦29. Se bevete vino, birra o ¦ 1 bicchiere di vino ¦ +3 ¦ ¦ o superalcolici, la vo- ¦ 1 lattina di birra ¦ -2 ¦ ¦ stra media giornaliera ¦ 1 bicchiere di li- ¦ ¦ ¦ è equivalente a ¦ quore ¦ -2 ¦ ¦ ¦ più del doppio di ¦ ¦ ¦ ¦ questa media gior- ¦ ¦ ¦ ¦ naliera ¦ -3 ¦ ¦ ¦ meno di questa me- ¦ ¦ ¦ ¦ dia giornaliera ¦ 0 ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦30. Il vostro peso è ¦ normale per la vo- ¦ ¦ ¦ ¦ stra altezza ¦ +5 ¦ ¦ ¦ 10% sopra il vostro ¦ ¦ ¦ ¦ peso ideale ¦ 0 ¦ ¦ ¦ 20% sopra il vostro ¦ ¦ ¦ ¦ peso ideale ¦ -3 ¦ ¦ ¦ 40% sopra il vostro ¦ ¦ ¦ ¦ peso ideale ¦ -5 ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ +----------------------------------------------------------------+ |
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